Great Resignation, Quiet e Loud Quitting: cosa sono e come gestirli

Great Resignation, Quiet Quitting e Loud Quitting sono fenomeni sempre più diffusi e che stanno avendo impatto anche in Italia. Vediamo di cosa si tratta e come gestirli in azienda.

Autore: Dipendenti in Cloud

 

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Il mondo del lavoro in Italia è interessato da un periodo di forte cambiamento e non mancano le sfide per quanti operano nell’ambito delle risorse umane.

All’interno dei diversi settori crescono i dipendenti che volontariamente decidono di lasciare il lavoro, in alcuni casi anche senza prima aver trovato una nuova occupazione.

Si tratta di un fenomeno noto come Great Resignation, il quale ha conosciuto un’iniziale diffusione negli Stati Uniti per poi prendere sempre più piede anche in Italia.

Lo confermano i dati riportati nel 2023 dall’Osservatorio HR del Politecnico di Milano, secondo cui nel nostro Paese negli ultimi 12 mesi il 46% degli occupati ha cambiato lavoro o è in procinto di farlo. La percentuale è ancora più alta negli under 27, dove arriva al 77%.

La conseguenza principale è la carenza di manodopera, con la difficoltà per le imprese nel trovare nuovi dipendenti da inserire.

Non è l’unico fenomeno degno di nota con cui le realtà dell’economia si trovano a fare i conti: altre tendenze diffuse sono Quiet Quitting e Loud Quitting. Modalità nuove nel rapporto datore di lavoro-dipendente e che è importante imparare a gestire nel miglior modo possibile.

Vediamo dunque cosa sono Great Resignation, Quiet Quitting e Loud Quitting, come si manifestano, quali possono essere le cause e come arginare il fenomeno in azienda.


 

Great Resignation: cos’è e il suo impatto sulle aziende in Italia

Vediamo prima di tutto cosa si intende per Great Resignation. Il significato del termine inglese è “grandi dimissioni” e indica un trend secondo cui sempre più persone lasciano il proprio lavoro, in special modo i giovani impiegati.

Una tendenza che in costante ascesa, come confermano ancora una volta i dati dell’Osservatorio HR del Politecnico di Milano, dai quali emerge che:

  • L’8% dei lavoratori in Italia ha scelto di cambiare mansione nell’ultimo anno dopo aver ricevuto un’offerta; il 3% lo ha fatto nel momento delle dimissioni.
  • Il 12% ha in programma di abbandonare l’occupazione entro 6 mesi.
  • Il 23% pensa di intraprendere tale decisione nel medio periodo, ovvero entro 12-18 mesi.

Quali sono le cause della Great Resignation? Vediamo insieme le motivazioni principali:

  • Ricerca di condizioni e benfit migliori.
  • Necessità di maggiore flessibilità rispetto all'organizzazione dell’orario di lavoro.
  • Motivazioni inerenti la salute, sia fisica che mentale.
  • Relazioni con capi, colleghi e collaboratori che provocano uno stato di ansia.
  • Difficoltà a conciliare la vita professionale con quella privata.

La Great Resignation interessa i diversi settori lavorativi e ha un forte impatto anche per le aziende medio-piccole presenti sul territorio nazionale.
 

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Cosa fare per arginare il fenomeno? Ecco alcuni consigli:

  • Incentiva la flessibilità lavorativa con soluzioni di lavoro ibrido, part time, turnazione verticale.
  • Favorisci il coinvolgimento dei dipendenti, così da alimentarne l’entusiasmo razionale ed emotivo.
  • Introduci dei benefit aziendali in grado di dare benefici nella vita quotidiana.
  • Investi nella formazione del personale, in maniera tale da permettere ai lavoratori di migliorarsi nella professione.
  • Adotta un approccio di talent attraction. In questo modo l’azienda riesce a risultare attrattiva verso i talenti in circolazione e a garantirsi un ricambio nella forza lavoro.

 

Quiet Quitting: in cosa consiste e come gestirlo

C’è un altro trend che presenta un’importante diffusione ed è il cosiddetto Quiet Quitting. In cosa consiste? Il lavoratore si limita alla prestazione stabilita all’interno del contratto, senza effettuare straordinari né tantomeno farsi carico di ulteriori responsabilità.

Inizialmente è nato negli Stati Uniti come atteggiamento sovversivo nei confronti di una cultura dedita esclusivamente al lavoro e ora vede affermazione anche in Italia.

La ragione che porta i dipendenti ad adottare un atteggiamento di “abbandono silenzioso” è da ricercare in primo luogo nel tentativo di difendersi dalla sindrome di Burnout, una forma di stress che nel lungo periodo porta all’esaurimento psichico e fisico.

Tra i sintomi di questa sindrome ci sono ansia, demoralizzazione e un generale stato di nervosismo. Le persone maggiormente colpite sono i giovani tra i 20 e i 30 anni.

C’è poi un altro fattore e risiede in relazioni professionali che non risultano soddisfacenti per i dipendenti, con i colleghi ma anche con i propri superiori. Qualcosa che incide non poco se si considera che nella maggior parte dei casi la persona dedica al lavoro minimo otto ore al giorno.

I Quiet Quitter in Italia sono circa il 12% (Fonte: Osservatorio HR Politecnico di Milano). La cosa interessante è che non hanno intenzione di cercare un nuovo lavoro e si limitano a fare il minimo indispensabile. Si tratta quindi di una sorta di “licenziamento silenzioso”.

Gli accorgimenti da adottare in azienda per gestire il fenomeno sono diversi, vediamoli insieme:

  • Evita di eccedere con gli straordinari, i quali a lungo andare possono portare la persona in una condizione di Burnout.
  • Non creare un divario salariale. Se il lavoratore si impegna ed è produttivo va premiato a livello retributivo, tramite dei benefit aziendali e con una remunerazione in linea con la propria mansione.
  • I manager hanno tra i loro compiti l’ascolto dei dipendenti, in maniera tale da prevenire eventuali insoddisfazioni. È importante che siano leader, in grado di guidare le persone e farle sentire rispettate e valorizzate.

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Cosa si intende per Loud Quitting e quali sono le cause

Il Loud Quitting è una tendenza professionale che prevede un “abbandono rumoroso”. Il dipendente manifesta forte e chiaro cosa non va.

L’obiettivo non è quello di lasciare il lavoro ma di ottenere dei benefici in più: è per questo che cerca di attirare l’attenzione del datore di lavoro. Il quale si trova ad ascoltarlo perché coinvolge nella sua azione colleghi e impiegati.

Tra i vantaggi che la persona vuole ottenere ci sono tutele welfare, orario flessibile, aumento di stipendio. Il fenomeno prende forma e trae forza dalla Great Resignation, utilizzata dall’impiegato a proprio beneficio.

Perché la persona decide di attuare il Loud Quitting? Nella maggior parte dei casi alla base c’è un disagio effettivo che può interessare i seguenti aspetti:

  • Relazione con colleghi e superiori.
  • Richieste eccessive.
  • Straordinari non retribuiti.
  • Gestione in cui si punta alla produttività, senza considerare i bisogni e le esigenze della persona.

Cosa può fare l’azienda per gestire un Loud Quitter? L’ideale è andare alla radice del problema e intervenire sulle cause che ne stanno alla base. I comportamenti da adottare sono pertanto gli stessi del Quiet Quitting, di cui il Loud Quitting è la versione più “rumorosa”.

Si tratta di un comportamento sempre più diffuso in Italia, in virtù di un contesto occupazionale dove il lavoratore ha difficoltà a trovare condizioni di lavoro migliori e in cui il costo della vita è aumentato in maniera esponenziale.

Great Resignation, Quiet Quitting e Loud Quitting sono fenomeni sempre più presenti in Italia che possono coinvolgere realtà di ogni settore e dimensione, anche le più piccole. Spesso causano dimissioni dei dipendenti e altre situazioni di disagio che si ripercuotono sull’azienda.

Per questo motivo, è importante che i datori di lavoro e tutti coloro che si occupano di risorse umane abbiano consapevolezza di tali fenomeni e di come possono intervenire per arginare i loro effetti.


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